venerdì 5 novembre 2010

i Fugger in Tirolo


Il capostipite dei Fugger, scomparso nel 1408 ad Augusta, non era che un agiato tessitore specializzato nella produzione e nel commercio di panni.
I suoi due figli, Andreas (1408) e Jacob il Vecchio (1469) fondarono rispettivamente la dinastia dei Fugger “del Capriolo” e quella detta “del Giglio”, così chiamate per i simboli che avevano scelto nelle loro insegne.
Nel Quattrocento ebbe maggiore fortuna il ramo del Capriolo e fu soltanto a partire dal 1473 (anno in cui fu riconosciuto con la lettera araldica lo stemma dei Gigli) che l'altro ramo cominciò ad imporsi su scala nazionale. Fu proprio allora infatti che i Fugger entrarono per la prima volta in rapporto con l'imperatore Federico III d'Asburgo, mentre il giovane Jacob (1459-1525), che si doveva rivelare il genio economico della famiglia, abbandonava il suo posto di canonico per entrare negli affari.
Jacob, denominato poi a buon diritto “il ricco”, trascorse qualche anno di tirocinio in Italia e fu proprio grazie a questa esperienza che comprese quanto i rapporti abilmente intrattenuti con i principi, che in genere non si intendevano granché di affari, potessero davvero contribuire al successo economico di scaltri finanzieri. Quando, nel 1487, l'arciduca Sigismondo d'Asburgo si trovò nell'impellente necessità di denaro fu proprio Jacob Fugger che si offerse di prestarglielo in cambio di un favore che costituì il trampolino di lancio della sua incredibile fortuna finanziaria. Sigismondo gli garantì come contropartita la propria parte sulla produzione d'argento delle miniere del Tirolo. Fugger non attese un momento a vendere quel metallo prezioso (e il rame che riuscì a procurarsi) sulla piazza ove ciò era più vantaggioso, e cioè Venezia.
Introdottosi in questa lucrosa attività, il Fugger riuscì ad ottenere in seguito di partecipare all'esercizio diretto delle miniere e dei forni per la fusione dei metalli.

Egli non tardò a constatare che si trattava di un filone molto redditizio e quindi dal Tirolo estese la sua attività alle vicine miniere della Stiria e della Carinzia oltre che a quelle ungheresi e spagnole. Particolarmente notevole in quest’ultimo settore fu soprattutto lo sfruttamento delle miniere di mercurio casigliane di Almadén.
La vera e propria funzione dei Fugger venne riconosciuta dai fratelli Ulrich e Georg a Jacob fin dal 1493. La ditta moltiplicò le sue fattorie sulla scia dei notevoli successi minerari e bancari aprendone, oltre che a Norimberga e Francoforte, anche a Lipsia, Breslavia, Innsbruck, Buda, Venezia, Roma, Napoli, Lisbona e Anversa.
Gli affari con la corte di Roma furono particolarmente floridi perché il Fugger si seppe inserire abilmente nello speciale sistema di circolazione di tali cespiti. Fu attraverso la sua azienda che infatti avvenivano i trasferimenti di denaro inviato dagli ecclesiastici di gran parte dei Paesi germanici alla Curia romana. Per di più all’inizio del Cinquecento furono proprio gli agenti dei Fugger a incassare il prezzo delle indulgenze. Quest’ultima operazione era tanto più proficua in quanto la metà degli introiti finiva nelle casse dei Fugger, per compensare così un prestito concesso ad Alberto di Brandeburgo quando egli aveva dovuto versare le somme richieste per divenire titolare della sede vescovile di Magonza.

Così fra il 1495 e il 1525, grazie soprattutto all’impulso dell’insaziabile Jacob, i Fugger si affermarono come la più grande azienda commerciale e bancaria dell’Europa intera. In un certo senso, però, essi dovettero dimostrare di saper anche pagare il prezzo del loro rango, come avvenne nel 1519 con l’elezione di Carlo V d’Asburgo al trono imperiale germanico. In quell’occasione i Grandi Elettori richiesero ben 850 000 fiorini d’oro per accordargli il voto e Jacob non esitò a venire in aiuto di Carlo contribuendovi con 540 000 fiorini. In cambio beninteso, il Fugger otteneva notevoli privilegi che a loro volta si traducevano in cospicui profitti.
Le attività quasi tentacolari dei Fugger non si limitarono affatto a simili interventi.
Durante i pontificati di Giulio II e di Leone X essi assunsero la direzione della Zecca romana, impiegandovi in maniera oltremodo redditizia l’argento delle miniere da loro controllate. A partire dal 1503 essi parteciparono finanziariamente anche alle imprese marittime portoghesi nelle Indie orientali e in seguito figurarono fra i principali banchieri di Carlo V, imperatore e sovrano dei ricchi territori americani ma anche sovente bisognoso di ingenti prestiti.

Che uomini furono i Fugger e in particolare Jacob?
A proposito di quest’ultimo gli storici non sono del tutto concordi: alcuni gli attribuiscono doti di umanista e di mecenate mentre altri tendono a negargliele.
Genio degli affari, egli non fu comunque insensibile alla cultura e alle arti, anche se, come è stato giustamente notato, esigeva che su ogni opera commissionata fosse ben visibile lo stemma del suo casato. I migliori artisti che egli quindi fece lavorare dovevano in primo luogo soddisfare il suo desiderio di prestigio (cosa del resto assai frequente sia fra i grandi mercanti sia fra i principi del tempo).
E’ noto che Jacob offrì preziosissimi gioielli alla consorte (
dalla quale non ebbe figli) e diede sontuosi ricevimenti nel palazzo che si era fatto costruire ad Augusta.
Nell’ambito familiare poi venne stabilito che solo i maschi potessero detenere parti della società mentre alle femmine veniva assicurata comunque una dote in denaro contante.
Che Jacob non fosse mosso solo dalla passione di accumulare ricchezze è pure assai evidente.
Egli non adottò infatti il tenore di vita proprio dei nobili ma preferì attenersi a uno standard da agiatissimo borghese. Ciò non gli impedì però di comprare dall’imperatore Massimiliano le contee Kirchberg e di Weissenhorn, con i castelli e i diversi diritti connessi.
Verso la fine della vita - fra il 1519 e il 1523 -
Jacob Fugger realizzò ad Augusta, un notevole intervento di beneficenza, destinato a perpetuare la memoria del casato. Destinò un grande terreno, situato nel sobborgo di San Giacomo, all’edificazione di un intero quartiere modello, integrato alla città, con 106 case popolare e scuola annessa, affittate per una cifra simbolica. Si trattò probabilmente del primo nucleo urbanistico di edilizia sovvenzionata in Europa.
I residenti dovevano recitare ogni giorno un Pater, un’Ave e un Credo per le anime del fondatore e della sua famiglia.

A Vipiteno possedevano almeno tre case,
contraddistinte da due campioni di minerale. Le "case dei Fugger" potrebbero essere state quelle con i numeri civici odierni 22, 22/a e 22/b. Ancora oggi Vipiteno viene chiamata la anche "città dei Fugger".

Nessun commento:

Posta un commento